Recensioni
Sicuramente l'arte di Domenico Papalia comincia dalla materia che lui ama in quanto tale, perché appartiene alla storia della sua terra e della sua gente, sia essa legno pregiato d'ulivo, di ciliegio, di acero, di noce o pietra, magari l'amata pietra verde che è dei suoi luoghi come dice orgoglioso. Dalla materia lui deve tirare fuori l'anima che appartiene ad essa ed al suo legame con questa e la sua emozione arriva forte e direttamente al lettore senza mezze misure..
Il prodotto è dunque il frutto dell'amore per la sua terra, per i suoi luoghi e per la tradizione equilibrato da quelle che sono le sue esperienze tecniche ed i suoi studi classici. Le sue opere raccontano la sua personalità, la sua fede, la sua ricerca, il suo legame al mondo classico, i suoi studi; raccontano della sua terra delle sue tradizioni ed al tempo stesso delle sua voglia di rinnovamento, di evasione, di libertà che supera la tradizione, ma se la porta dentro. Tutto questo si esprime in una ricerca formale che utilizza a fondo la sua conoscenza delle tecniche, della storia, della mitologia, ma allo stesso tempo sperimenta sempre nuove strade e riduce la forma fino alla forma pura. Ho conosciuto Papalia a Cosenza e quello che di più mi ha colpita è senz'altro la sua personalità eclettica che lo fa spaziare in tutte le discipline artistiche con grande perizia ed amore per quello che fa, per cui oltre ad essere un artista completo (anche se penso che la scultura è la sua espressione più felice)è anche un ottimo restauratore sempre per quel rispetto che ha della storia che lo fa accostare all'opera d'arte con il solo fine di conservarla senza inficiarla con inutili aggiunte e ricostruzioni.. Inoltre ciò che mi fa apprezzare Domenico Papalia è questo suo voler operare lì dove è nato, in mezzo alla sua gente. Concepisce tutto ciò che fa a Delianuova che sogna possa diventare un centro di cultura e di arte da dove far partire ed arrivare input nuovi e scambi culturali ed intellettuali. Spero, davvero, possa trovare tutto l'aiuto che merita per realizzare il suo progetto.
Stefania Bosco
Lo scultore,la materia,l’habitat. Non è sempre facile salire a Delianuova,soprattutto quando imperversano le piogge torrentizie che,indifferenti alle stagioni,precipitano come un castigo di Dio dai mille rivoli che attraversano le viscere aspromontane sempre più impervie su su fino alla straordinaria Carmelia.Non a caso tra il X e il XIII secolo qui si insediarono comunità monastiche in fuga dalla Bisanzio iconoclasta, costruendo monasteri nei siti più romiti e inaccessibili di quella che era denominata la terra incognita.Non a caso mai si è voluto allontanare dal paese natio, malgrado i richiami alla notorietà mediatica si facciano sempre più insistenti nella sua vita d’artista,Domenico Papalia,lo scultore che da sempre vive e opera a Pedavoli, il quartiere che con Paracorio ricompone in un’unica realtà il nuovo assetto deliese rinato sulle vestigia dell’antica Delia rasa al suolo dal sisma del 1783.E proprio in piazza De Nava sta il suo laboratorio, un “ basso” di largo respiro dove si possono incrociare accanto a poche opere finite , tante incompiute sulle quali ama ritornare di continuo con le varianti che la modellazione della materia consente, con un quotidiano, anche notturno, vie vai dalla casa per un’innata vocazione al perfezionismo, all’innesto di nuovi stimoli che la piena padronanza della tecnica gli consente.Alle prese con la materia, instancabile sul gesso come sul marmo, sul legno e soprattutto sull’adorata pietra verde, una varietà del “serpentino” che, a detta di un geologo venuto ad ispezionarla da Arcavacata, percorre l’intera dorsale appenninica dal Piemonte alla Calabria, facendo di questa magnifica materia la metafora più autentica dell’unità del suolo italico, alla faccia di Garibaldi e dei suoi eroici scontri non lontano da qui, nei pressi di Gambarie.
Gli incontri con Mimmo Papalia si sono fatti ravvicinati da qualche tempo per via della sua produzione sempre più sorprendentemente moderna e plurimaterica, che spazia non soltanto tematicamente dalle raffigurazioni cultuali legate alla devozione locale, come nel pannello che andrà a raffigurare i santi della tradizione locale ,come San Nicola e Sant’Elia al fianco della Vergine Assunta , che sarà sistemato nella chiesa matrice, alle più ardite incursioni nell’arte astratta con sculture che evocano Moore, ma che si ritagliano nessi e collegamenti con i simboli più controversi di questa terra,come l’elaborazione del lutto e della violenza.
Non ama essere identificato esclusivamente come l’artigiano della “pietra verde”,anche se tutto ciò che lo circonda, dalla splendida scalinata che fa da palcoscenico a piazza Leuzzi o da quella che maestosa sale a San Nicola in piazza Buzzurra, dall’antica fontana che sgorga dal mascherone apotropaico,unica sopravvissuta delle quattro preesistenti al terremoto , alle decine di portoni in pietra verde, fa di Delianuova un habitat di irresistibile fascino per gli eredi di quelle dimore e per i turisti che si affacciano sorpresi in queste antiche “ rughe”. Sa quanto sia sempre più arduo recuperare blocchi residui di questa pietra dall’inconfondibile cromatismo dopo l’esaurimento della cava che a Cotripa si annidava nel verde canalone incavato tra due cime ben visibili dal centro del paese. Di quando in quando Papalia ritorna a confrontarsi con la pietra, sottraendo per mesi la sua creatività ad altre espressioni materiche, in un altalenante distacco e ritorno,come ad un cordone ombelicale mai del tutto staccato, anche se di recente l’ho visto alle prese con una pittura magica, coloratissima nella scelta dell’acrilico come tecnica di fissazione dei suoi ormai privilegiati richiami all’arte astratta, dipinti rivelatori di un suo saldo ancoraggio,nella diversità della tecnica e delle simbologie prescelte,al suo “mestiere” manipolatorio, alla sua ascendenza artigianale di autentico maestro della materia in qualsiasi struttura e dimensione essa sia da modellare. E’davvero impossibile etichettare Papalia univocamente come scultore o pittore o artigiano perché tutte queste componenti del suo “fare” in lui si riconducono ad una sintesi che lo fa essere contemporaneamente tutto questo ed altro ancora perché la percezione che si ha di questo figlio infaticabile della terra aspromontana è che debba ancora scoprire altre vie, altri sbocchi operativi, incontentabile nelle mete già raggiunte e pronto a ricominciare daccapo il giorno dopo per rinnovare il suo talento immergendolo in nuove sfide materiche.
Augusta Torricelli Frisina